Questo argomento contiene 4 risposte, ha 5 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Monica Giovannelli Cesarini 2 anni, 9 mesi fa.

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  • #2399

    Nadia Tecco
    Partecipante

    NOTA:
    L’ispirazione di questo piano arriva da una riflessione molto interessante che ho trovato nell’introduzione del libro “Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzione” di L. Picci e A. Vannucci. A questa ho provato ad aggiungere alcuni spunti che invece provengono dalla mia formazione in tema di ecological economics a proposito del concetto di resilienza e dello stato di equilibrio dei sistemi socio-tecnici e naturali.

    PROBLEMA E PREMESSA:
    La corruzione sistemica può essere interpretata come uno stato di equilibrio, una situazione che tende a permanere, quasi cristalizzandosi, se non normalizzandosi. Questo rende ancora più arduo un suo efficace contrasto, soprattutto per il singolo che può riscontrare difficoltà nel non diventarne partecipe, complice o spettatore inerme. Se tutti, o almeno molti riuscissero a coordinarsi per non essere corrotti e per svelare le pratiche di corruzione, allora la società si assesterebbe su un altro livello di equilibrio, meno corrotto e più conveniente per tutti. Tuttavia mettersi d’accordo, coordinarsi è molto complicato, specie quando la corruzione si sviluppa oltre una certa soglia, sviluppa prassi e regole non scritte, che disciplinano che le condotte degli attori creando condizioni di inerzia, situazioni in cui nonostante i tentativi di contrasto (evento perturbante) prevale la tendenza a rimanere/continuare a scivolare nello stato di equilibrio perverso dato dalla corruzione. Potremmo a questo punto affermare che la corruzione è inserita in un contesto altamente resiliente, se utilizziamo per resilienza l’accezione proveniente dalla biologia e dall’ecologia di la capacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio in seguito ad un evento perturbante.

    Descrizione stato di equilibrio(corruzione) e nuovo stato di equilibrio (no-corruzione)

    Il passaggio ad uno stato non corrotto è ripido, il sistema tende a ritornare indietro ed il passaggio richiede una notevole spinta (forza) tale da superare la pendenza (inerzia) del sistema.
    Proviamo allora a ragionare su come si può ottenere questa spinta al cambiamento (forza), ragionando sul concetto di leva, ossia quelle macchine in cui, sfruttando il momento di una forza, viene esercitata una forza motrice in modo da produrre una forza resistente.
    Ogni leva può essere rappresentata da un’asta rigida libera di ruotare attorno a un punto fisso chiamato fulcro (F). La resistenza (R) è la forza da vincere. La potenza (P) è la forza motrice applicata per vincere la resistenza.

    Le componenti di una leva

    Provando quindi a contestualizzare le condizioni che determinano lo stato di corruzione dei contesti operativi in cui svolgiamo le nostre attività, saremo in grado di identificare gli elementi che costituiscono il fulcro (la base su cui insistere e agire per promuovere il cambiamento), la forza motrice (i fattori che rientrano nel campo dello spazio individuale e collettivo di azione) e la forza resistente (ossia quei fattori che spingono in senso contrario rispetto ad un agire anti corruttivo?).
    Identificare questi tre piani potrebbe essere funzionale a decostruire la complessità che caratterizza questo tema ed identificare gli spazi di azione individuali e quelli di azione coordinata.

    DESTINATARI DIRETTI
    Funzionari pubblici, studenti, cittadini

    DESTINATARI INDIRETTI
    Non identificati

    OBIETTIVO 1
    1) Identificare e conoscere i punti fermi nel contrasto alla corruzione
    2) Identificare lo spazio di azione a livello individuale e collettivo
    3) Identificare i fattori contro che generano inerzia e resistenza per saperli fronteggiare

    AZIONI
    L’azione consta nel provare a rispondere a tre semplici domande, che seguono la logica della struttura della leva, descritta in precedenza

    1) Individuare qual è il fulcro per imprimere una spinta al cambiamento nel proprio contesto operativo
    2) Individuare quali sono i fattori che compongono la forza motrice che può determinare un cambiamento nel proprio contesto operativo?
    3) Individuare quali sono i fattori che contrastano la forza motrice del cambiamento? Da cosa e da chi è attuata la forza resistente?

    #2408

    Sara Di Francia
    Partecipante

    Interessante lo studio del fenomeno corruttivo ricondotto alla fisica, indubbiamente l’attività di analisi dell’ambiente è essenziale per riconoscere i fattori che conducono alle azioni i vari attori trovando quella potenza (P) per realizzare il cambiamento.

    #2413

    Barbara Giannaccini
    Partecipante

    Condivido pienamente l’affermazione quando la corruzione si sviluppa oltre una certa soglia, sviluppa prassi e regole non scritte, che disciplinano che le condotte degli attori creando condizioni di inerzia, situazioni in cui nonostante i tentativi di contrasto (evento perturbante) prevale la tendenza a rimanere/continuare a scivolare nello stato di equilibrio perverso dato dalla corruzione.
    il fulcro le regole?
    fattori che compongono la forza motrice:trasparenza , inclusione, elevazione del benessere a seguito del rispetto delle regole
    Da cosa e da chi è attuata la forza resistente? solitudine perdita di fiducia bisogno , giustizia/ governi
    segnalo https://www.transparency.it/
    Barbara Giannaccini

    #2437

    Elisa Rotelli
    Partecipante

    Ho trovato questa rappresentazione del problema della corruzione molto interessante e originale. Ha il pregio di far emergere come sia difficile cambiare un contesto organizzativo, una cultura radicata fatta di abitudini, comportamenti ripetuti e di inerzia. In questo contesto è difficile che un individuo da solo possa imprimere un cambiamento. Ritengo siano necessarie azioni portate avanti da gruppi di individui, che abbiano una portata disruptive rispetto al tradizionale funzionamento di un sistema. Essendo le forze che impediscono il cambiamento estremamente molto difficile da controbilanciare, è necessario che le leve siano molteplici:
    – formazione del personale;
    – diffusione di una cultura della buona amministrazione e della trasparenza;
    – meccanismi di carriera che tengano conto del contributo dei dipendenti al rispetto della legalità, dell’efficienza e della trasparenza;
    – introduzione di meccanismi (anche automatici) di individuazione dei casi di maladministration e di sanzione interni.
    Elisa

    #2453

    L’approccio proposto dalla Collega è, a mio parere, il più originale tra tutti quelli prospettati. E’ stato molto interessante seguire il ragionamento che ha sviluppato e che trae spunto dalla lettura di un libro che, peraltro, sono stata incuriosita a leggere. Condivido pienamente la premessa all’analisi del problema: la corruzione sistemica è fondamentalmente uno stato di equilibrio, una situazione che tende a permanere e che, alla lunga, si traduce in una sorta di consuetudine non scritta e talvolta illecita, come nel caso della concussione ambientale: “la prassi è questa, è normale comportarsi così”. Il problema è, quindi, anzitutto sociale e ambientale. Tutti noi, sia individualmente che collettivamente, siamo restii al cambiamento. Non è semplice ed agevole uscire dalle nostre “zone di comfort” soprattutto perchè, come ben evidenziato dalla Collega, il percorso è difficile e faticoso (ripido) e la transizione richiede una volontà (forza) che superi l’abitudine/consuetudine (resistenza). La tendenza è ovviamente quella di desistere e rinunciare (tornare indietro). Ritengo quindi che il cambiamento debba essere, innanzitutto, un cambiamento culturale e sociale che parte molto prima, a monte, già nelle scuole con la reintroduzione, ad esempio, dell’educazione civica: i cittadini e i pubblici dipendenti del domani devono essere educati oggi alla buona amministrazione e alla consapevolezza del significato di pubblica amministrazione quale bene della collettività (res publica).

    Monica

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